martedì 31 luglio 2012

ECOLOCAZIONE o ECOLOCALIZZAZIONE

L'ecolocazione o ecolocalizzazione è un aspetto del "sentire" che può essere definito come la capacità di "ascoltare gli echi".
Si tratta di un modo di percepire l'ambiente che ci circonda per mezzo del "suono riflesso o suono di rimbalzo" che è chiamato eco.
E' il sistema  usato da molti animali. Riferendoci all'uomo, il più noto sistema di ecolocazione è quello applicato ai sottomarini che, tramite il sonar (mezzo di ricerca subacquea fondato sull'emissione di ultrasuoni e captazione  dei relativi echi), sono in grado di navigare nell'oscurità degli abissi.
Da diversi anni si studia come l'ecolocazione sia utile per accrescere le abilità dei non vedenti nel percepire l'ambiente e muoversi in esso.
Molte persone con disabilità visiva hanno elaborato, senza alcun tipo di addestramento ma in modo naturale,  delle strategie di ecolocazione che permettono loro di muoversi nello spazio, intercettando le varie disposizioni ambientali e gli oggetti presenti in esso.
Alcuni, battendo le mani o schioccando le dita, percepiscono l'ambiente dall'eco. Sono molto abili nel percepire se davanti a loro la strada è libera da ostacoli, determinando anche quanto larga essa sia. Per esempio, camminando in un corridoio, riescono a stabilire quanto sia largo e lungo, rilevando anche ciò che è presente sul percorso: arredi, porte, ecc,; nell'ambiente esterno: macchine parcheggiate, muri, aperture, ecc.
Generalmente quando pensiamo all'eco ci riferiamo a eventi quali una voce proveniente da una grotta o galleria, oppure a spari o botti sentiti in lontananza. Può quindi sembrare di scarsa rilevanza la capacità di usare l'ecolocazione quale sistema di percezione dello spazio, ma il sistema uditivo è in grado di estrarre una grande quantità di informazioni dal suono riflesso.
Anche il bastone bianco per la mobilità è un dispositivo di eco. Il bastone quando batte sul terreno o altro, produce un "tac” che consente di ricevere varie informazioni, tra le quali l'eco. Queste informazioni vengono interpretate (come fanno coloro che battono le mani) e permettono il riconoscimento delle disposizioni ambientali e oggetti presenti nell'ambiente.
Un suono che produce un eco (un eco-segnale), può essere paragonato alla luce, per esempio quella prodotta da una torcia. Si punta la torcia per illuminare lo spazio di fronte a noi e si ha un feedback di come la luce riflette dalle superfici che illumina. Se la luce della torcia è troppo debole e poco diffusa, influirà sulla qualità di ciò che vedremo.
Proprio come un’immagine visiva dipende dalla qualità dell’illuminazione, l’eco dipende dalla qualità del segnale acustico che produce l’eco. L’eco può essere troppo alto, diffuso, oscurato, confuso da altri suoni, ecc.
Alcuni semplici principi spiegano il motivo per cui alcuni segnali di eco sono meglio di altri. Tutti i suoni creano “riflesso” ma non tutti sono percepibili e utilizzabili. Quelli prodotti dal bastone, dal battere le mani, dai piedi, ecc. producono suoni che ritornano al produttore ma molta parte viene assorbita e dispersa nel viaggio di ritorno. Gli studi ci dicono che la maggior parte dei suoni che portano le migliori informazioni di ritorno sono quelli emessi vicino alle orecchie. Di conseguenza, coloro che “schioccano la lingua” sono quelli che avrebbero le maggiori informazioni di ritorno utilizzabili (la lingua viene mossa come quando si cerca di staccare qualcosa che si è appiccicato sul palato).
Su questo aspetto ci sarebbe molto da dire e da discutere. In Internet si trovano numerose informazioni e discussioni a tal proposito e chi è interessato potrà trovare tanto materiale.
Personalmente  mi limito a insegnare l’ecolocazione con l’uso del bastone Informo le persone con cui lavoro su questo argomento e, se non sono al corrente, dico che in certe circostanze basta schiarirsi la voce, battere il bastone o battere le mani per trarre informazioni dall’ambiente, per esempio le dimensioni di una stanza, e le esercitazioni durante il corso di OM sono finalizzate anche all’acquisizione di questa abilità.
Molti bambini producono “rumori” che possono essere interpretati come “auto stimolazione” ma potrebbe essere che da questi “rumori” essi traggano, inconsciamente, delle informazioni.
Questi bambini potranno essere aiutati a migliorare ciò che già naturalmente cercano di fare.
Insegnare l'ecolocazione
Dai numerosi studi sull'ecolocazione possiamo trarre delle linee guida e lasciare alla propria fantasia ed esperienza gli svariati modi ed esercizi per acquisire abilità nell'ecolocazione.
Tutti possono imparare l'ecolocazione, basta procedere per gradi.
Questa abilità prescinde dall'uso o meno del bastone per la mobilità, anche se la combinazione bastone-ecolocazione consente una maggior sicurezza nell'OM.
Per le persone che ancora non padroneggiano le tecniche del bastone per la mobilità, può essere difficile concentrarsi sull'eco, ma durante l'uso del bastone si dovrebbe sempre stare attenti alle eco-informazioni: è anche questa abilità che "guida" negli spostamenti.
Il bastone resta quindi uno strumento indispensabile,  anche se per un principiante è difficile cogliere tutte le sottili sfumature di ecolocazione.
Prima di passare alle abilità di ecolocazione, penso sia necessario aver acquisito tre aspetti fondamentali dell’OM che consentono di procedere in modo efficace:
1) progettare i propri spostamenti;
2) superare gli oggetti/ostacoli senza entrare in contatto con il proprio corpo;
3) attraversare la strada (certe strade!) o altri spazi aperti in modo rapido (senza tentennamenti), sicuro ed efficiente.
Come sviluppare le abilità di ecolocazione
Un oggetto grande, vicino e fermo è più facile da percepire rispetto a un oggetto piccolo, lontano e/o in movimento. Un ostacolo compatto è più facile da percepire rispetto a un oggetto diradato. Bisogna considerare anche l'ambiente in cui sono inseriti gli oggetti. Gli spazi poco rumorosi sono più facili da affrontare rispetto alle zone congestionate.
Obiettivi statici/dinamici
Individuare obiettivi che si stanno muovendo rispetto all'ascoltatore è più difficile rispetto a obiettivi statici. Del resto è noto che un bersaglio mobile è generalmente più difficile di quello statico. Inoltre, un conto è seguire con l'udito il suono prodotto da un oggetto in movimento stando fermi, altra cosa è seguirlo camminando.
Monitorare un obiettivo in movimento comporta:
- controllare dove l'obiettivo si sta dirigendo per mantenere il contatto uditivo,
- stabilire ed eventualmente correggere la propria posizione rispetto all’obiettivo;
- saper elaborare un tracciato mentale per seguire il "bersaglio". 
Questo monitoraggio deve essere fatto prima di fare qualsiasi altra cosa.
Dimensioni
Oggetti grandi sono generalmente più facili da percepire rispetto a quelli di piccole dimensioni. Quelli grandi, di solito, riflettono meglio il suono, l’eco è più forte e ampio.
Bisogna quindi iniziare con esercitazioni per monitorare obiettivi statici,  grandi e compatti e pian piano procedere con quelli più piccoli. Lo stesso vale quando si passa a esercizi per monitorare obiettivi in movimento.
Distanza
Gli obiettivi vicini sono più facili da percepire rispetto a quelli lontani per gli stessi motivi sopra descritti.
Complessità
Percepire e determinare la posizione di un singolo oggetto è più facile rispetto a un insieme di oggetti. L’eccezione a questa regola comporta il confronto fra più obiettivi che si presentano insieme, quali ad esempio la dimensione (grande/piccolo), il materiale (duro/morbido), esso interessa l’assorbimento del suono.
E’ più facile confrontare due eco diversi quando essi sono presentati insieme piuttosto che  in momenti diversi. Come quando si presentano due oggetti per insegnare la diversità fra basso/alto, corto/lungo. Sappiamo che è più facile abbinare i colori quando si hanno i colori di fronte che guardarli separatamente, per esempio quando vogliamo abbinare una maglia a un paio di pantaloni, li avviciniamo prima di scegliere;  lo stesso vale ed è simile per gli echi.
Non bisogna scoraggiarsi o essere delusi se si hanno difficoltà nel localizzare gli oggetti, per esempio un cassonetto dell’immondizia, anche quando si è al corrente che quell’oggetto è presente perché si conosce  il percorso.
All’inizio è necessario che l’oggetto da localizzare sia dritto davanti a sé e a poca distanza. La distanza può aumentare man mano che si affina la percezione. Se la persona si sposta rispetto all’oggetto da localizzare, invitarla a ristabilire la posizione dritta e continuare la ricerca. Anche se alcune persone hanno capacità superiori, la maggior parte trova molte difficoltà, ma è bene sapere che possono imparare a usare gli echi e migliorare l’orientamento e la mobilità anche se questa abilità può risultare incomprensibile, ardua e faticosa per parecchio tempo.
La chiave è l’esperienza, le eco-abilità richiedono parecchio tempo e molta pratica. Lo sviluppo di una buona ecolocazione dipende dall’esercizio continuo.
Anche nelle lezioni non dedicate all’ecolocazione è bene trascorrere almeno cinque o dieci minuti sulle capacità di ascolto e richiamare l’attenzione ogni qual volta il bastone risuoni in modo particolare in un certo ambiente o lungo un percorso.
Cosa si può rilevare con l’ecolocazione?
Ciò che è rilevabile e a che distanza, varia da persona a persona.
Le statistiche dicono che un’auto parcheggiata può essere percepita da circa 3 o 4 metri; un furgone o un camion a 4, 6 metri, così come un albero. Un grande edificio può essere rilevato anche a molti metri di distanza con un forte segnale di eco.
In merito a ciò che si presenta sul piano di calpestio, per esempio, pozzanghere, buche, grandi sassi, spesso sono quasi impossibili da rilevare.
Alcune cose basse, sono rilevate da molti metri di distanza e sembrano essere più alte di quel che sono in realtà e sono difficili da percepire da vicino. 
Queste sono le statistiche, ma una volta che si sa come e cosa ascoltare, rilevare un muro o un’apertura diventerà una cosa facile.
Fattori che influiscono sull’ecolocazione
La distanza e la qualità del suono emesso per produrre eco, dipendono in larga misura dai seguenti fattori:
1. Qualità del segnale di eco. In generale, un segnale forte e breve è in grado di giungere anche  molto lontano se le condizioni sono favorevoli;  uno debole potrà giungere solo a pochi metri di distanza.
Un suono prodotto di proposito dall’ascoltatore di solito è meglio dei suoni casuali. Questo perché l’ascoltatore può contare di più su un segnale che è sotto il suo controllo, ovvero, è abituato allo stile di informazioni che esso produce, alla familiarità.
Per questo motivo molti sostengono che i suoni prodotti con la lingua siano più efficaci di quelli prodotti dal bastone, dalle mani o dai piedi.
Tuttavia, schioccare le dita, battere le mani o il bastone sono sufficienti per la maggior parte delle situazioni. Un suono forte (intensità del suono) sarà necessario per percepire oggetti lontani o in ambienti rumorosi.  La ripetizione del segnale emesso non deve essere troppo veloce altrimenti crea confusione.
2. Caratteristiche degli oggetti da rilevare. Il materiale degli oggetti da rilevare interessa il suono; alcuni materiali lo  riflettono meglio di altri; si possono fare delle prove tra legno, plastica, metallo.
Quelli in prossimità della testa sono in generale più facili da rilevare rispetto a quelli che sono al di sotto del punto vita.
Oggetti di grandi dimensioni possono oscurare quelli che sono vicini o in prossimità.
Alcuni segnali possono creare confusione o dare false proiezioni.
3.  Caratteristiche del rumore ambientale. Il rumore di fondo di un ambiente genera echi molto utili ma in genere maschera e assorbe anche l’eco volutamente prodotto. In questi casi il rumore prodotto dovrà essere abbastanza forte da penetrare il rumore di fondo.
4. Qualità della frequenza del suono. Le alte frequenze sono necessarie per la percezione di piccoli oggetti ma le medie frequenze consentono la percezione delle maggiori informazioni utili. Anche se il rumore di fondo riduce l’ascolto e assorbe gli echi, esse consentono una buona sicurezza negli spostamenti.
5. Concentrazione. E’ il fattore più importante perché consente di analizzare e integrare le informazioni disponibili. Poiché le eco-informazioni sono relativamente “deboli”, richiedono una concentrazione continua per essere percepite.
Ciò che ostacola e aiuta l’ecolocazione
La percezione dell’eco è migliore quando le temperature sono basse o dopo la pioggia. La pioggia non interferisce con l’ecolocazione, può però distrarre.
Le onde sonore tendono a viaggiare meglio nell’aria fredda e gli oggetti bagnati riflettono meglio il suono.
Il vento forte è di ostacolo. Tutto ciò che copre le orecchie o fa da “ombra sonora” è di ostacolo.
In tempi remoti si suggeriva ai bambini non vedenti di indossare scarpe con suole dure, di cuoio,  per percepire meglio il piano di calpestio e il relativo eco. Questo era vero solo in parte, perché se migliorava la percezione in alcune circostanze, spesso il disagio di queste suole  interferiva con lo sviluppo della sensibilità tattile e di propriocezione.
L’ecolocazione è particolarmente difficile. Richiede buone competenze: attenzione, capacità analitiche, conoscenze ambientali, ecc. Con bambini e adolescenti è necessario introdurre i concetti con gradualità e passare all’ecolocazione quando saranno maturi e pronti. Non sarà cosa negativa ricordare loro, mentre giocano e imparano, di prestare attenzione ai rumori prodotti e non.
N.B. raramente i bambini al di sotto dei sei o sette anni capiscono che possono percepire l’ambiente dal senso dell’udito. Se si chiede loro di ascoltare in silenzio certi rumori, spesso si confondono e si agitano. Quindi è meglio non far riferimenti agli echi. Lo stesso vale anche per le persone anziane perché l’udito a una certa età comincia a dare qualche problema e insegnare l’ecolocazione richiederebbe loro troppi sforzi. Bisogna, come sempre, avere buon senso e valutare caso per caso.
Residuo visivo
Chi ha un residuo visivo, anche se molto basso, troverà sicuramente difficoltà a prestare attenzione agli echi. Come affermano gli studi sull’ipovisione, la vista, se pur minima, è il senso privilegiato per l’orientamento e la mobilità e prevale sugli altri sensi; questo fa sì che le persone prestino soprattutto la loro attenzione a ciò che riescono a percepire con il senso della vista e ciò che viene rilevato può essere difficile da spiegare se percepito esclusivamente con la vista o integrato con altre informazioni. In questi casi è bene che le persone siano informate su queste dinamiche e aiutate a migliorare anche la percezione uditiva e tattile.
Da ricordare
L’ecolocazione è un fenomeno uditivo anche se tale esperienza può non sembrare strettamente uditiva ma anche tattile.
N.B. vari studi ci informano che il nostro volto ha recettori  in grado di rilevare cambiamenti di pressione: questo renderebbe possibile, per esempio, rilevare la presenza di un muro davanti a noi, ecc.
Persone con percezione visiva o memoria visiva, spesso vedono immagini in presenza di echi. I bambini sono inconsapevoli del miglioramento o decremento della loro mobilità come risultato di un corretto o non corretto utilizzo di particolari tecniche. Per questo bisogna osservare attentamente i loro comportamenti e ciò che dicono, per capire se la loro percezione si sia basata integrando la visione con l’udito e il tatto o esclusivamente con la visione, con l’udito o con il tatto.
Bisogna tener presente che, solo perché uno studente non sembra essere in grado di fare qualcosa, non significa che egli non la possa fare. A volte basta chiedere nel modo giusto le cose. Per esempio, quando si chiede di rispondere verbalmente è generalmente meno efficace rispetto a quando si chiede  di fare una specifica azione.
Un bambino di età inferiore ai sei anni, difficilmente può sapere cosa intendiamo quando gli chiediamo di dirci quale sia tra due obiettivi sonori posti a distanze diverse il più vicino, ma se gli chiediamo di avvicinarsi a uno di essi può essere più semplice. Spesso è necessario parlargli e aiutarlo a mantenere l’attenzione sul “qui e ora”. Per esempio, “Cosa stiamo cercando? Ricordati di girare all’angolo. Non dimenticarti l’angolo.” …
Mantenere la concentrazione è una competenza importante. A volte i bambini  (ma anche gli adulti) sembrano fare passi da gigante ma poi arriva un giorno che sembrano essere tornati indietro. Questo non deve scoraggiare; ci vuole molta esperienza per ridurre gli effetti negativi che la distrazione può avere sulle proprie prestazioni. La raccolta di informazioni, mentre si procede, richiede molto impegno e il carico di lavoro mentale può essere immenso.
Questo carico all’inizio è molto intenso e provoca ansia, ma col tempo, con l’esperienza, diventa tutto più facile. Le persone devono dedicare molto tempo per acquisire competenze e far sì che gli spostamenti avvengano in modo sicuro e confortevole (non mi stancherò mai di ricordarlo!)
I bambini devono imparare molto presto a concentrarsi durante i loro spostamenti e fare i conti con le conseguenze di quando non riescono a farlo.
Questo può essere fatto solo attraverso esercitazioni pratiche continue.
Le esercitazioni devono essere portate avanti sfruttando le molteplici occasioni che offre la giornata. L’orientamento e la mobilità non possono essere apprese solo durante le lezioni con gli istruttori di OM, così come succede per lo studio della matematica, di una lingua straniera o lo studio del pianoforte.
Troppo spesso si vedono persone con disabilità visiva alle quali si consente di stare sedute e non fare nulla. A scuola, a casa, al lavoro, tutti coloro che passano il tempo con chi ha problemi visivi devono concorrere al duro e lungo lavoro che gli stessi svolgono per la conquista di autonomia. Passando tanto tempo con loro, possono aiutare il tecnico di OM nel suo lavoro.
Il tecnico ha molto da imparare sui propri “studenti” da chi sta loro vicino; collaborare contribuisce a mantenere tutti sulla stessa linea (coerenza) e verso gli stessi obiettivi. Trascorrere un’ora con i genitori, gli insegnanti o i colleghi spesso ha un valore di 10 ore trascorse con l’allievo, perché il grado e la qualità di apprendimento è quasi interamente dipendente dal rafforzamento che l’ambiente familiare, scolare o di lavoro esercitano nei loro confronti.

Alcune strategie di insegnamento
1. Prestare attenzione agli echi molto forti. Quando l’allievo si muove nei dintorni di casa o altri ambienti, aiutarlo nel rilevare la presenza di forti echi. Per esempio, alcuni bambini amano giocare in ambienti dove il riverbero è marcato, ovvero dove non vi sono troppi arredi che assorbono il suono: stanze poco arredate, tromba delle scale, garage, ecc.. In questi casi si può incoraggiare l’allievo a cantare, ripetere delle parole, battere le mani o il bastone. Si farà notare come il rumore prodotto in questi luoghi sia diverso rispetto allo stesso rumore prodotto in altri (confronto).
2. Osservazione. E’ importante sapere se gli allievi utilizzano (più o meno consapevolmente) l’ecolocazione. Se si sta camminando in un corridoio è bene porsi dietro all’allievo alla distanza di qualche passo e consentirgli di percorrerlo a modo suo. Durante i suoi movimenti e spostamenti si potrà osservare se è in grado di percepire quando un muro è di fronte a lui, se c’è un’apertura a lato, ecc. Osservare se si ferma o ha esitazioni prima di entrare in contatto con gli oggetti presenti nell’ambiente. Dalle sue reazioni si potrà capire se si sta servendo degli echi o altro. Come accennato in precedenza alcuni bambini, già in giovane età e senza alcun tipo di insegnamento, dimostrano buone abilità di ecolocazione e l’istruttore può aiutare a migliorarle.
3) Posizione di un edificio. Scegliere un edificio di grandi dimensioni può aiutare alla sua individuazione tramite eco. Man mano che ci si avvicina o ci si allontana da esso si dovrà notare la presenza o meno di differenze inerenti all’eco prodotto dal battito delle mani o del bastone.
4) Auto parcheggiate, alberi, cassonetti. Utilizzando l’ecolocazione si possono notare differenze tra auto, alberi o altro. Per le auto l’esercizio può essere fatto in un parcheggio poco affollato. Anche se questi luoghi spesso si evitano, bisogna farci i conti perché non sono semplici da affrontare e ci si disorienta. Fare questi esercizi  può essere un modo per “temerli” di meno. (Alberi e pali sono molto difficili da rilevare).
Ricordarsi di iniziare gli esercizi posizionando l’allievo di fronte alla macchina. Man mano che le abilità  si sviluppano, aumentare la distanza fino a 4-5 metri e vedere cosa succede. Poi, si può posizionare l’allievo di lato rispetto alla macchina da rilevare, sarà lui a doversi posizionare nel modo giusto per localizzarla. Quando si notano dei miglioramenti si passerà agli alberi e ai pali di grandi dimensioni (gli alberi bassi, anche se grandi, spesso sono difficili a causa delle fronde che coprono il tronco).
5) Angoli delle stanze. Individuare gli angoli delle stanze è funzionale per tre motivi.
Primo, indipendentemente dalla grandezza della stanza, l’angolo è un buon punto di riferimento da cui partire per esplorarla.
Secondo, spesso le porte sono vicine agli angoli e quindi, trovare un angolo potrebbe aiutare nel trovare la porta.
Terzo, individuare un angolo tramite ecolocazione può richiedere meno tempo rispetto all’esplorazione tattile. L’esercizio può essere fatto portando l’allievo in una stanza a circa 3-4 metri di distanza dall’angolo da rilevare.
6. Camminare vicino a una parete.  L’esercizio può essere fatto  in un corridoio abbastanza lungo e non troppo largo. L’allievo dovrà esercitarsi a camminare vicino a una parete senza entrare in contatto con essa (una parete sarà quindi più vicina rispetto all’altra). L’ecolocazione dovrebbe contribuire a rilevare la propria posizione rispetto alle due pareti e far percepire quando ci si avvicina o ci si allontana dalle stesse. Questo esercizio contribuisce anche a migliorare l’abilità di camminare in linea retta.
7) Aperture. Si intendono le aperture che si possono incontrare lungo un percorso sia in ambienti interni, sia in ambienti esterni: scale a scendere o salire, porte aperte, varchi; passi carrai, portoni aperti, parcheggi, rientri. Essere in grado di rilevare le “aperture” tramite gli echi può richiedere meno tempo e sforzo rispetto alla rilevazione tattile e spesso le persone si sorprendono di scoprire come, con poco esercizio, questo diventi possibile. Gli esercizi consistono nel fare e rifare lo stesso percorso concentrandosi sulle aperture. Per esempio percorrere un corridoio lasciando la porta, che si affaccia su di esso e che si troverà a lato dell’allievo, aperta. Notare poi se vi sono differenze rifacendo lo stesso percorso con la porta chiusa. Più ampia è l’apertura e più è facile da rilevare.
Stimolare la percezione dell’eco
Anche se questi esercizi sono utilizzati da professionisti che insegnano l’ecolocazione, potete utilizzarli tranquillamente, magari modificandoli secondo le vostre intuizioni.
1) Procuratevi dei contenitori di varie dimensioni e materiali: i vasetti di vetro vanno bene, in terracotta, di cartone, di plastica.  Chiedere al vostro allievo di prendere i vari contenitori e di parlarci dentro. Fate notare come la voce risuoni diversamente da contenitore a contenitore. Poi, tenete voi il contenitore e posizionatelo di fronte all’allievo. In base all’esperienza precedente sarà in grado di rilevare di che tipo di contenitore si tratta?
2) Tenere la bocca dei contenitori vicino all’orecchio. Che cosa si sente? Il fenomeno del rumore del mare che si sente portando all’orecchio una conchiglia, non è altro che il suono riflesso dall’interno della stessa. Riuscite a sentire la differenza tra contenitori grandi e piccoli? Provate a mettere un contenitore grande vicino a un orecchio e contemporaneamente un contenitore piccolo dall’altro. Potete percepire la differenza? Tenete voi il contenitore vicino all’orecchio dell’allievo e chiedetegli di dirvi quando lo allontanate o riavvicinate.
3) Posizionarsi a circa 30 centimetri di distanza da una parete. Fare un respiro profondo e, mentre si ruota il proprio corpo di 360° (giro completo), espirare emettendo un “sc sc sc sc” prolungato. Che cosa succede? Cosa si sente mentre si produce questo suono con il volto verso la parete? E mentre si ruota? L’esercizio può essere fatto battendo le mani o il bastone a intervalli brevi. (In merito all’intervallo nel produrre i rumori ci sarebbe molto da dire, provate con intervalli di circa un secondo e aggiustate secondo le circostanze e l’esperienza.)
4) Posizionarsi a circa 4 metri dal muro. Come nell’esercizio precedente, emettere un suono prolungato mentre vi avvicinate al muro.
5) Mettersi al centro di una stanza poco arredata, girare su se stessi emettendo un suono prolungato. E’ possibile rilevare un angolo? Iniziare a camminare e cercare di trovare l’angolo.
6) In auto, lungo una via tranquilla con diversi veicoli parcheggiati, aprire il finestrino e ascoltare attentamente il suono prodotto ogni volta che si passa un veicolo parcheggiato. Il suono fluttua. Un viale tranquillo e alberato è ottimo per fare questo esercizio.
7) Nelle zone familiari e in orari tranquilli si possono fare esercizi di ecolocazione. In questo caso non è importante verificare l’esatta ubicazione delle cose che si incontrano ma sforzarsi per provare a percepirle tramite gli echi.
Il resto, alla vostra fantasia!
N.B. Suggerisco a tutti gli interessati di leggere il bellissimo libro di Lawrence D. Rosenblum. In questo libro si trovano tante risposte alle numerose domande che ci possiamo porre in merito all'ecolocazione e al potere dei nostri sensi.
Lawrence D. Rosenblum - LO STRAORDINARIO POTERE DEI NOSTRI SENSI - GUIDA ALL'USO - Le neuroscienze hanno scoperto i nostri superpoteri  - Ed. Bollati Boringhieri - Ricerche recentissime hanno dimostrato che i nostri sensi funzionano insieme, condividono effetti percettivi, si influenzano l'un l'altro, compensano reciprocamente le eventuali deficienze, al punto che il nostro cervello non ha interesse a sapere se al momento reclutiamo questa o quell'area sensoriale: l'essenziale è orientarci nel mondo. Ogni giorno siamo dunque in grado di udire e annusare le forme, toccare le parole, vedere gli oggetti con la lingua, assaggiare gli odori. Possiamo permetterci il lusso dell'autocoscienza proprio perché appena sotto la sua soglia agisce un retaggio evolutivo che ci fa muovere con la sicurezza dei pipistrelli, fiutare il prossimo come i cani, utilizzare il tatto per procura alla stregua dei ragni. Lawrence D. Rosenblum ci svela a noi stessi, attraverso una sarabanda trascinante di esperienze quotidiane e di casi non comuni, ed è bravissimo nel ricondurre sia le prime sia i secondi alla stessa origine nei meccanismi basilari della percezione implicita. Essi hanno del miracoloso non solo quando si attivano nei ciechi che vanno in mountain bike, giocano a baseball o dipingono, ma anche ogni volta che si traducono nei gesti apparentemente banali di cercare le chiavi in tasca o mangiare delle patatine, e nei comportamenti più coinvolgenti quali la scelta del partner. Nessun gesto umano è troppo arduo o elementare per i magnifici cinque e per il loro sodalizio multisensoriale: grazie a Rosenblum adesso ne abbiamo le prove.
Lawrence D. Rosenblum insegna Psicologia alla University of California (Riverside) e vive a Los Angeles. Le sue ricerche sulla lettura delle labbra e sull'integrazione multimodale sono state sostenute dalla National Science Foundation e dal National Institute of Health, e quelle sull'avvisamento acustico delle automobili ibride dalla National Federation of the Blind. È coautore di una cinquantina di articoli specialistici sulla percezione.