lunedì 26 settembre 2011

La fiera delle parole

Purtroppo NON è più a Rovigo la fiera che c'era e ora non c'è !!!!!!
Infatti, è stata spostata a Padova!
Peccato!

giovedì 22 settembre 2011

Altre riflessioni sulle "Cene al buio"

Altre riflessioni sulle cene al buio riguardano il personale non vedente che ci lavora e le persone che fanno questa esperienza.
In merito al personale non vedente  non vi è dubbio che sia soddisfatto e trovi soddisfazione in quello che fa. E’ esperienza comune accettare ciò che ci offre il mercato quando si ha voglia o bisogno di lavorare. Se guardassimo alle cose sbagliate che fanno i nostri datori di lavoro, forse saremmo in parecchi a essere a spasso! Non ho niente da ridire sul personale non vedente che svolge questo lavoro; al contrario, sono persone in gamba e hanno sicuramente lavorato parecchio per conquistare la loro autonomia.
In merito alle persone che fanno l’esperienza di mangiare al buio, quasi tutte riferiscono di essere molto soddisfatte. Di aver capito un sacco di cose da questa fantastica esperienza. Non c’è obiezione da fare in merito, soprattutto perché “non conoscono il problema”. Mi spiace solo che queste persone non abbiano l’opportunità di capire invece la vera essenza della non visione o ipovisione, perché ciò che offre il mercato è solo questo. Vorrei suggerire a coloro che hanno fatto questa esperienza di provare a rifarla andando in un comune ristorante o in un bar bendandosi, per simulare la non visione, oppure con un paio di occhiali ai quali venga applicato sulle lenti (o al posto delle lenti) della plastica opaca (quella delle cartelline che si usano per mettere i documenti) per simulare un certo tipo di ipovisione. Questa è un’esperienza reale, che permette di capire veramente qual è il problema di chi non vede o vede poco. Le persone si accorgeranno quanto sia diversa questa esperienza dall’esperienza fatta in un ristorante al buio. Infatti saranno solo loro a “non vedere o vedere poco”, ma saranno viste da tutti gli altri, e questo sarà solo uno dei tanti problemi che incontreranno. Bisogna inoltre considerare che coloro che fanno questa esperienza hanno deciso di mettersi la benda e, finita l’esperienza, la benda possono toglierla! Manca tutto il vissuto di una persona  non vedente, congenita o che ha da poco perso la vista. Le persone non vedenti che hanno buone abilità, hanno lavorato molto per conquistarle. Improvvisarsi non vedenti con una benda o in un locale al buio, può risultare molto invalidante, dando la sensazione che senza la vista sia quasi impossibile fare le cose che si fanno avendola. Ovviamente questo è vero per molte cose, ma non lo è assolutamente per tantissime altre. E ancora, fare un’esperienza al buio o bendati senza conoscere un po’ il problema della non visione o ipovisione può portare a trarre delle conclusioni sbagliate e, di conseguenza, a non prendere in considerazione i problemi reali.
Per chi volesse saperne di più, segnalo il sito che curo con un amico:

martedì 20 settembre 2011

Bastone elettronico per non vedenti: a che punto siamo?

Ci sono molti inventori e ricercatori che vogliono aiutare le persone con disabilità visiva a muoversi in modo più efficiente, sicuro e con maggiori informazioni sull’ambiente.
Molti pensano di poter agire senza coinvolgere le persone interessate o coinvolgerle come e quando vogliono, per esempio proponendo “contratti” che hanno poco a che vedere con la sperimentazione vera e propria; lo stesso vale per il coinvolgimento dei vari professionisti che in vario modo si occupano della disabilità visiva. Come per altri prodotti destinati al mercato, nel mondo degli ausili per la disabilità esistono diverse correnti politiche e prese di posizione, e una lunga storia che si ripete di promesse non mantenute.  Questo a scapito di inventori e ricercatori ben intenzionati, ai quali non viene dato il giusto riconoscimento, visibilità e pubblicità. Da qui il grande scetticismo che spesso accompagna le persone alle quali sono destinati i prodotti, e anche dei vari professionisti.
Le domande che inventori e ricercatori si devono porre per far sì che il loro lavoro sia efficiente e speso in modo proficuo sono tante. Molti se le pongono e forniscono risposte esaurienti, altri no.
Nel caso specifico voglio porre l’attenzione sul “bastone elettronico quale ausilio per non vendenti” che di recente ha goduto di  “titoloni” sui giornali.
Di seguito elenco alcune domande alle quali dovrebbero essere fornite risposte soddisfacenti quando si lancia un prodotto ritenuto innovativo, soprattutto per evitare "illusioni e false speranze".
- Si sono contattate le persone alle quali è rivolto il proprio interesse?
- Si è fatta osservazione? per esempio, si sono osservati i bambini a scuola, a casao, o gli adulti nel loro ambiente di lavoro e di vita?
- Come si muovono le persone nell’ambiente conosciuto e in quello sconosciuto?
- Di cosa hanno maggiormente bisogno?
- Si è confrontata la vasta letteratura sull’argomento con ciò che si è deciso di proporre?
- Si è deciso di intraprendere un lavoro multidisciplinare? Se sì, quali sono i punti di contatto?
- Esiste un lavoro dove viene esplicitata la metodologia di indagine/osservazione/.... e i risultati ottenuti?
- Quali sono i criteri per stabilire a chi può interessare o essere utile l’invenzione?
- Quali sono le competenze e la formazione di chi giudica? “Chi giudica chi”?
- I questionari e/o contratti sottoposti alle persone interessate con che criteri sono stati elaborati? Possono in qualche modo violare la privacy o essere fraintesi in merito alle personali considerazioni che ognuno ha di se stesso? (A tal proposito è utile aggiungere che conservo "con cura" la modulistica che ho scaricato da un sito che promuove il bastone elettronico. Essa è composta da un questionario, da un contratto con il non vedente e da un contratto con l'istruttore. Personalmente l'ho trovata "sconveniente". Anche altre persone che sono incappate nello stesso sito e l'hanno letta la pensano così e ciò fa riflettere!)
- Le critiche negative sull’invenzione vengono rese note?
- Pensate che le persone coinvolte si sentano pienamente libere di esprimere pareri negativi in merito all’invenzione senza che ciò venga ricondotto alle proprie abilità o non-abilità?  (questo punto meriterebbe di essere approfondito)
- L’invenzione migliora qualcosa di già sperimentato?
- Sono già state sperimentate e commercializzate invenzioni simili alla vostra? Con che esito?
- Si affianca ad altre tecnologie emergenti?
- Si sono confrontate le varie tecnologie fino ad ora sviluppate e i risultati ottenuti?
- Cosa si prevede per il futuro?
- Si è confrontata la propria invenzione con il tradizionale bastone lungo per la mobilità? Il bastone lungo per la mobilità costa relativamente poco; è pieghevole e lo si può riporre in tasca o in borsa; non subisce influenze di sorta (caldo, freddo, pioggia, neve, ....); non necessita di batterie; è leggero; non ha bisogno di un addestramento particolare per essere usato con efficacia ed efficienza; rileva gli ostacoli sul percorso, il rumore che produce scorrendo sul piano di calpestio o urtando contro gli ostacoli permette di ricavare molte informazioni; identifica le persone non vedenti a livello internazionale; ecc. Il bastone lungo per la mobilità svolge almeno 20 funzioni.
- L’invenzione migliora le funzioni del bastone lungo per la mobilità?
- L’invenzione migliora le funzioni svolte dal cane guida?
- L’invenzione migliora le funzioni del bastone lungo e del cane guida che molti usano insieme?
- Cosa offre in più l’invenzione?
- Cosa offre in più l’invenzione durante gli attraversamenti?
- Cosa offre in più l’invenzione per aiutare la persona a conoscere la propria posizione nello spazio?
- Può aiutare i bambini a imparare concetti spaziali e ambientali?
- Aiuta a camminare in modo più efficiente e meno stressante?
- L’invenzione aggiunge informazioni che potrebbero interferire con il normale uso degli altri sensi? (udito, tatto, olfatto, vestibolare, cinestetico?)
- Ciò che l’invenzione aggiunge è utile anche a scapito di qualcos’altro che si ritiene  meno importante?
- Che tipo di formazione richiede l’invenzione per il suo utilizzo se una persona non vedente chiede di sperimentarla?
- Che tipo di formazione richiede l’invenzione se un professionista dell’orientamento mobilità chiede di sperimentarla?
- A quanto ammontano i costi per la formazione?
- Ritenete sia indispensabile la formazione all’uso dell’invenzione o basterebbe uno scritto con le “istruzioni per l’uso”?
- L’invenzione ha dispositivi regolabili e/o attivabili in modo da adattarsi a particolari esigenze?
- L’invenzione è ingombrante? quanto?
- Com’è esteticamente l’invenzione?
- Compromette l’uso di un ombrello, una borsa o altra cosa che si utilizza con l’altra mano o ne è compromessa dalle stesse?
- Quanto costa l’invenzione?
- Come viene pubblicizzata?
- E’ stato fatto un sondaggio su come viene recepito il messaggio pubblicitario dalle persone interessate e non?
- Fino ad ora quali sono i punti di forza e i punti deboli dell’invenzione?
.....
 
Spero di aver riassunto le tante domande che le persone interessate a tale argomento vorrebbero porre.
Alcune di queste domande trovano in parte risposta nei depliant che gli inventori e/o distributori dei vari dispositivi mettono a disposizione dei più; personalmente, così come ad altri, non mi soddisfano.

Cene al buio

Negli ultimi anni si è assistito a un proliferare delle cosiddette “cene al buio”.
Per cena al buio si intende una cena fatta in un locale, ristorante ma anche altro luogo, dove la stessa viene consumata in ambiente schermato alla luce, ovvero al buio totale. Viene anche dato risalto al fatto che le persone addette al servizio al tavolo sono persone non vedenti.
Lo scopo che gli organizzatori si prefiggono è far conoscere il “mondo” dei non vedenti facendo provare come in assenza della vista si possano scoprire nuove sensazioni alle quali chi vede normalmente non dà particolare importanza o non se ne rende conto.
A prima vista sembrano iniziative molto interessanti, ma se analizzate in profondità peccano su molti fronti e quindi sono vari i punti su cui discutere.
In primo luogo chi non vede non è al “buio”. Chi non vede quando mangia è visto dagli altri; è chi non vede che non può vedere gli altri.  Per esempio, chi ha da poco perso la vista riferisce che non se la sente più di andare al ristorante con il compagno/a o gli amici di sempre, perché non si sente più “all’altezza” di fare ciò che faceva prima, ha paura di fare brutta figura, di sporcarsi, ecc. Molte persone al bar hanno cambiato abitudine nel bere un caffè, bevendolo amaro per paura di non essere in grado di versare lo zucchero nella tazzina. Ciò è anche sentito in maniera più forte dalle donne rispetto agli uomini (anche se non è la regola) forse  perché una donna è più imbarazzata se si sporca o se non riesce a tagliare un boccone di dimensioni adeguate da portare alla bocca, ecc. Se tutti fossimo al buio e nessuno vedesse niente di quello che facciamo, probabilmente non vi sarebbe tutto questo imbarazzo, sensazioni olfattive e gustative a parte. Queste vengono in un secondo tempo. Prima di tutto, quando si è in compagnia si pensa ad essere persone adeguate alla situazione, come tutti del resto. Se siamo destimani e ci rompiamo la mano destra, saremo imbarazzati ad andare al ristorante e dover fare tutto con la mano sinistra e viceversa! Solo dopo qualche tempo, quando ci siamo allenati un po’, ci sentiamo più adeguati!
Un altro punto che dovrebbe far discutere è il rilievo che viene dato al personale non vedente che serve al tavolo. Quasi a voler dar risalto sulla bravura del non vedente nel servire e destreggiarsi tra i tavoli. Non mi sembra sia una cosa sulla quale dare risalto, ma piuttosto un problema di disinformazione su ciò che le persone non vedenti sono in grado di fare. Le persone non vedenti fanno questo ed altro. Alcune non fanno né questo né altro. Esattamente come tutti.  Forse il problema è che i ristoranti non prenderebbero mai una persona non vedente come cameriere, per pregiudizio nei suoi confronti. Allora si potrebbe far qualcosa in questo senso, ovvero informare che le persone non vedenti che hanno acquisito buone abilità, sono in grado di svolgere molti lavori, compreso quello di cameriere e non solo il lavoro di centralinista o massaggiatore: lavori che occupano nella maggior parte dei casi. Ma è questo il modo giusto per farlo notare e fare informazione?
Se lo scopo delle cene al buio è far conoscere meglio il mondo dei non vedenti, questo è il modo peggiore per far capire quali siano i loro reali problemi. Ecco allora che si sposta il tutto sui sensi: sul gusto e sull’olfatto. Si vuole far credere che chi non vede ha questi sensi più sviluppati (cosa non vera!) e che quando mangia trae dal cibo sensazioni che chi vede non ha. Niente di tutto questo mi sembra confermi quello che succede realmente. Quando siamo di fretta e mangiamo il cosiddetto “boccone” certo non ci preoccupiamo molto del fatto che il panino sia particolarmente squisito e profumato. Al contrario quando decidiamo di fare una cenetta come si deve o di andare a cena da amici o in un ristorante, oltre al piacere di stare insieme ci interessiamo maggiormente della qualità del cibo che, oltre ad appagare il nostro gusto e olfatto, deve anche appagare la nostra vista. La vista, appunto, aspetto su cui chi non vede non può contare e deve farsi descrivere come si presentano i cibi. E’ esperienza comune che quando vogliamo assaporare meglio un cibo tendiamo a chiudere gli occhi per concentrarci solamente su quello che abbiamo in bocca. Il metodo per gustare o assaporare meglio qualcosa sappiamo tutti come farlo se abbiamo voglia e tempo per farlo e non è certamente mangiando al buio che “scopriamo” qualcosa di nuovo!
Le cene al buio sono molto di moda e come tutte le mode spero facciano presto il loro tempo (business permettendo!)